January 10, 2006

I colori nella letteratura americana

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Belle situazioni da tenere presente anche per l’anno a venire sono quelle che si dipanano lungo Via Passeri a Pesaro, tra la Biblioteca San Giovanni e la Trattoria Moderna. Racconta chi ha preso parte all’ultimo evento del 20 dicembre scorso, di una condizione di beatitudine ultraterrena da mitico simposio, di un piacere tutto sinestetico mentre gli assaggi spaziano tra cultura letteraria e culinaria, conditi con accostamenti cromo-tematici per cui l’oblio si fa indifferenziato, piacevole all’occhio della mente e a quello dell’apparato visivo.

One evening, when they were all sitting round the camp fire and the sunset was blazing over the Thessalian hills, Orlando exclaimed:
‘How good to eat!’
(The gipsies have no word for ‘beautiful’. This is the nearest.)
All the young men and women burst out laughing uproariously. The sky good to eat, indeed!
Virginia Woolf, Orlando.

Nonostante l’universalità letteraria e sensoriale, però, la discussione è più territorialmente inerente agli ambiti afro-americano ed italiano, mentre Alessandra Calanchi dialoga con M. Giulia Fabi e Valerio Evangelisti su “I colori nella letteratura americana”. A motivo unificante un’ottica largamente fantascientifica, gli antipasti prendono posto in tavola nelle forme di due romanzi curati da M. G. Fabi, Legami di sangue e Mai più nero, fino ai lavori del romanziere V. Evangelisti, in particolare Black Flag e Il collare di fuoco. Attraverso il motivo del viaggio nel tempo, Legami di sangue racconta un’eroina di colore che dagli anni ’70 viene sbalzata indietro nell’800. Oltre alle avventure e disavventure nel salvare gli antenati e garantire così la propria nascita, diventa testimone d’eccezione sullo stato di schiavitù del popolo nero. Come spesso accade, il viaggiatore nel tempo rappresenta uno strano caso di sguardo outsider, un punto di vista che dà adito a molteplici e fondamentali interpretazioni (in questo caso di grande rilevanza è anche l’autointerpretazione).
L’iride viene percorsa tutta, non solo il nero che è assenza di colori (seppure ben significativo quando lo si ritrova su una bandiera o una camicia), ma fino anche alle gradazioni intermedie dei toni di grigi e del linguaggio che vengono impiegate sotto consiglio del - in certi contesti anche discutibile - politically correct quando si fa riferimento alla razza nera.
Sull’onda dei colori, o meglio dire, sulle loro frequenze, la Trattoria Moderna è decorata a tema con gli appunti di cromoterapia raccontati durante la cena da Marco Monari. Tra i piatti si specula su come sia possibile percepire le vibrazioni emanate dalle tonalità e, per estensione, dalle personalità, per cui dall’estetica facilmente si va a parlare di feeling.
A serata conclusa quasi si dimentica cos’abbia stimolato la fantasia e cosa la vista, fino a che punto si sia trattato di gusto razionale, emotivo o saporito. La tappa successiva, a questo punto, potrebbe essere un’educazione superiore alla maniera di noti visionari quali (tra gli altri) Proust, Nabokov, Rimbaud, Kandinsky e Stravinsky che soffrivano di sinestesia, cioè non potevano fare a meno di percepire a colori i fonemi che compongono il linguaggio, e quindi, visivamente, l’alfabeto. In attesa del prossimo appuntamento che non mancheremo di segnalare, un b r i n d i s i multicolore in ogni sua lettera.



g.o.

  1. Che piattini sfiziosi!!

    Comment by marta — January 25, 2006 @ 13:44 — Reply
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